martedì 10 dicembre 2013

Portrait I

C'è, nel suo modo di osservare le cose, qualcosa che mi fa sciogliere. Occhi che sono una carezza calda, occhi malinconici e veritieri. Il naso segue armonicamente la delicatezza di tutto il viso, per poi portare allo strapiombo dove si rialzano le labbra. Belle, dolci come tutto il resto. Stento a volte a racchiudere tutto questo in un unico insieme, in un unico individuo. Perchè è veramente troppo. E poi sorride, oppure si imbarazza e distoglie lo sguardo. E se era veramente troppo la cosa di prima, adesso non so più veramente dove aggrapparmi per resistere. E quando è preso da altro, quando non mi calcola nei suoi pensieri, lì raggiunge il culmine. Si rilassa, pensa ad altro, è un altro, cambia forma, adesso è un anfibio, poi falena, poi di nuovo lui. Mille modi in cui si manifesta, mille maschere, mille incantevoli forme. Vorrei toccarlo, per sentire se ha consistenza, perchè mi pare quasi una mia sublimazione, un'idealizzazione che non rispecchia la realtà. Ma è materialmente accanto a me, i nostri cappotti si sfiorano, parla, parla, parla. Tace, si gira verso di me e sorride. Un sorriso unico, che elargisce a tutti e so che con quello li conquista. Credo lo sappia anche lui. Ma non mi interessa degli altri. Il soggetto sono quei capelli, su quella fronte limpida e quelle sopracciglia che segnano la strada per indirizzarmi al suo sguardo, per poi farmi precipitare su di un suo sorriso sdrucciolevole. L'armonia delle parti. Tutto che si ricollega ad un solo Uno. Indivisibile. Posso prendere in esame ogni sua parte del corpo, farne il miglior elogio. Ma il tutto dice già ogni cosa da sè. E' fatto così, non potrebbe essere fatto in nessun altro modo, la pelle, quella può essere e basta, bianca ed ingenua, che si schiude al mondo, come un fiore raro. Quelle le sue spalle e le sue gambe, Dio le benedica per la loro linea eccelsa, per il suo fisico slanciato e quel passo un po' indeciso. Per la sciarpa che comunque non copre quel collo diafano e caritatevole. E la sua voce è balsamo per le ferite del passato, le sue parole le sceglie con cura e le incastona nel tono di voce come gemme di luce.
Tuttavia, nonostante ci sia equilibrio di forma, di bellezza in lui, le sue mani vengono usate come capro espiatorio, le unghie quasi impossibili da intravedere vengono divorate. Mi dice con un po' di rossore sulle guance (zigomi un po' spigolosi, ma decisamente sublimi) che quando è da solo capita che se le mangi. Quando riflette su di sè. Quando l'insicurezza non lo lascia distrarre. E allora, oltre la facile via dell'apparenza estetica, qualcosa scivola ulteriormente  verso la cavità profonda dell'animo sensibile alla bellezza: la sua piccola debolezza, il suo conflitto con se stesso è l'ultima vera azione che mi conquista e mi costringe a dichiararmi vinta. Va bene così. La mia unica volontà da sconfitta è quella di contemplare questo piccolo gioiello umano, estaticamente. Senza mai farlo accorgere veramente di me. E' bello così, senza altri attributi.