venerdì 23 maggio 2014

Sarebbe un attimo

Nonostante tutto, ho immaginato fino alla fine che con la notte saresti arrivato anche tu. Avreste condiviso lo stesso passo silenzioso e sapiente. Sarei scoppiata di gioia nel vedere te nei tuoi jeans, nella tua maglietta scolorita, e sempre con indosso un sorriso per me. Con la notte a braccetto, il tuo zaino grande sulle spalle. Saresti entrato in questa casa fin troppo silenziosa e tutto subito avrebbe cambiato aspetto: non l'avrei mai più rivista così bella, ora che c'eri tu dentro. Lo zaino sarebbe stato scaraventato da qualche parte, ci saremmo squadrati. Ci sarebbe stato un po' di silenzio da infilare nelle nostre commozioni. Tu forse saresti stato un po' traballante, per un'ultima volta avresti pensato:"e se avessi sbagliato a venire qua...", ma poi io non ce l'avrei più fatta a controllarmi, il sorriso sarebbe scappato dal covo dove lo tengo rinchiuso, di colpo ritornava alla luce, forte e fiero. Forse un po' polveroso, ma si sarebbe subito scrollato di dosso i rimasugli di certe giornate buie per gettarsi su di te. Gli mancavi molto.
Una questione di attimo, un fulmine. E ci saremmo ritrovati di nuovo in questa cucina, a prepararci qualcosa da mangiare, magari prima avremmo fatto un volo al carrefour per comprare qualche schifezza per riempire  il letto di briciole, dopo. Di colpo, a tavola, con del vino, con degli occhi che per intere notti ho cercato di ridisegnare accanto a me nel letto freddo. E ridere e piangere, confessarci cose, rimanere per un attimo zitti e poi sorriderci. Come se fossimo senza tempo e senza peso. Ma le nostre essenze unite, tra dolci fusa di ricordi sbiaditi e questo istante atemporale nel quale ci saremmo relegati una volta in più. Le uniche due vere realtà saremmo state tu ed io.
La tua pelle nuda, ancora. Bianca. Tenera. Senza chiederci nè come nè perchè, semplicemente le domande non si sarebbero affacciate sulle nostre tempie, avremmo saputo entrambi che quel tempo era troppo essenziale per sprecarlo con le nostre incertezze. Quel tempo avrebbe disegnato la sagoma soltanto a noi, questo permetteva, un nostro abbraccio secolare, perpetuo, che si prolungasse oltre i confini di questo attimo rubato alla tirannia della razionalità e della logica. Saremmo stati puramente noi.

E questo gioco d'immaginazione stavolta l'ho tracciato dall'inizio alla fine. Ho bene in mente il tuo arrivo ma anche la partenza dopo una notte respirata assieme. Il ritorno alla realtà. Ma prima ci sarebbe stata un'ultima nostra parentesi. Un viaggio, col sole di mezzogiorno che ci dipingeva strane striature sulla pelle, un viaggio ancora fuori dal mondo, sebbene ci stessimo muovendo in esso per tornare nelle logiche delle rispettive vite. Un tragitto non molto lungo, ma sufficiente per colmarmi con la tua figura. Adoro mentre guidi, adoro quando ti accorgi che ti sto guardando, ricambi lo sguardo, arrossisci un poco e con un sorriso timidissimo mi chiedi:"che c'è". Io non so mai che risponderti, ho la sensazione che le parole incrinino e deformino ciò che sto provando nell'osservarti. Arriveremmo alla fine, fuori dalla porta ti fermeresti, ti gireresti, toccheresti una mia gamba e mi guarderesti, prudente. In quel momento tutto si ritira da ciò che è stato, ti sorrido, ma già diversamente, già ci siamo uniformati al mondo. Ti bacio per un'ultima volta, con i muscoli tesi, già pronta a saltare via dalla tua macchina. Quando chiudo la porta di casa mi sento più ricca: si aggiunge al mio tesoro una nostra sbandata oltre questa realtà.

Ma stavolta, nella realtà, non sarà così. Già mi sento più povera, percependo l'assenza di questo zaffiro non nato dal mio tesoro. Ho nelle orecchie conficcato il suono del frigo. Ronza. Mi uccide, nell'ombra di ciò che ho appena composto solamente con la testa.

giovedì 1 maggio 2014

Solitudini prudenti

Dove ho sbagliato? Ho sbagliato? Cosa c'è che non va in queste trame di pensieri disperse nel fango? Oggi mi ritrovo a tu per tu con la mia faccia: accanto a me niente e nessuno, un'effimera effige di un indagatore malizioso mi incrimina di fronte alle mie stesse condizioni: sei sola, il suo sorriso maligno mi dice.
Una solitudine a cui non ho posto rimedio. Mi lascio catturare dalla rete di queste assenze, vorrei fare qualcosa, ma cosa? Non ho abbastanza coraggio per modificare la situazione, non ho abbastanza vigliaccheria da mettermi da parte. Mugolo. Piagnucolo. Cerco la solitudine e la respingo. Senza mai risolvermi. In un giorno di festa ho deciso di preferire un effimero sguizzo di vecchie passioni (che dovrò allontanare al più presto, dovrò farlo, cristo) rispetto ad una nuova vita. La scelta sbagliata nel perfetto attimo di presunzione. Credevo di avere in mano il mondo e adesso il mondo mi volta le spalle. Il fatto è che, comunque, non riesco a stare bene in nessun modo, sola o non sola. Manca sempre un sapore sulla mia lingua. L'assenza di questo mi si fa terribilmente pesante, a stento riesco a non incrinarmi.