venerdì 29 giugno 2012

la dolcezza della lama che affonda nella carne

Vi prego, qualcuno gli procuri il mio manuale di istruzione.
Qualcuno glielo porti, lo obblighi a leggerlo
così che mi possa maneggiare
con sapienza e delicatezza.

Diversi pulsanti
diverse parole
per non farmi crollare

per farmi sentire accollata
ai pensieri suoi.
Deve capire il mio labirinto

deve impormi baci umidi di lacrime,
assestarmi le ossa.
Scrivermi. Leggermi. Amarmi.
Ma farmi capire quell'amore che dice
di sentire dentro di sè.
Io voglio la visceralità  la disperazione la consumazione,
quelle emozioni opprimenti come roccia.
Ma intense. Totalizzanti.
Odio la tranquillità e lui ne è l'emblema.
Odio la politica del "laissez faire"
tanto tutto passerà, tutto tramonterà.

No.
Non posso vivere così.
Voglio al pesantezza io. Voglio che mi schiacci,
che mi faccia divincolare sotto di lui.
Voglio il suo fiato sul collo,
voglio l'audacità delle ore più buie e notturne

e sporcarmi con loro.
voglio morire perchè mi si è intasato il cuore
d'amore.




Voglio che mi ami. 

martedì 5 giugno 2012

Alla voglia di scrivere non si può mai sbattere la porta in faccia e urlargli "NO"


C'era un tipo che si chiamava Michele e doveva starsene lontano dalla sua piccola rosa, Michela. Michele stava lontano, doveva studiare fuori dalla città che aveva dato i natali sia a lui che a Michela.
Il problema era questo: Michela non si sa bene cosa elaborava nel suo cervello, ma questa distanza non riusciva a colmarla, si dimenava tra questi chilometri così distazianti, così freddi e imperscrutabili. Le sembrava di vivere appesa a fili che non gestiva lei. Questa distanza la influenzava troppo, non la faceva ragionare, non la faceva restare lucida.
Michele invece accettava questa separazione, si immaginava se stesso e Michela come gli argini di un fiume energico e capriccioso, che racchiudevano appunto la vita di questa vena del mondo. Erano sì costretti a stare lontani, ma custodivano dentro di loro l'amore, la bellezza, il motore vero delle loro esistenze. Per cui, per Michele, tutto questo era accettabile,sebbene soffrisse anche lui per la mancanza di calore di quel suo tenero fiorellino.
La sera Michela aveva una crollo emozionale, si riversava dentro di sè una frana emotiva. Chissà, forse pensava troppo e i pensieri le minavo le basi della mente. Sta di fatto che quella piccola e fragile creaturina, la sera si metteva a guardare fuori dalla finestra e il cielo le sembrava una minaccia, gli alberi le parevano mostri che volevano uccidere le sue ultime speranze. Rimaneva quindi dentro l'involucro dei vestiti soltanto un corpicino smunto, lei si sentiva venire via, lei non si sentiva più libera. Michele gli aveva donato un sentimento incredibile, ma nel frattempo (senza che lei se ne accorgesse) l'aveva anche incatenata a lui: si rendeva conto Michela, mentre stava seduta sul suo letto, la faccia rivolta verso la finestra, di essere dipendente da Michele. Che ogni battuta che sentiva fare, lei subito pensava a lui e si chiedeva"chissà se Michele l'avrebbe apprezzata". Si accorse che la gelosia le divorava la pancia e che le sue giornate senza lui erano più vuote.
Certe notti, trasportata da questi pensieri serali, Michela invece di dormire pensava che doveva riacquistare la sua libertà: l'orgoglio le premeva sulle costole, non poteva davvero permettersi di dipendere da qualcun'altro; tempo fa si era fatta una promessa, dopo un amore sbagliato, dopo una fiducia beffeggiata e schiaffeggiata..... "Mai più... Mai più...."
Ma si ritrovava al punto di partenza invece. E chiedeva a Dio aiuto, lo chiamava e gli chiedeva cosa fosse meglio, l'amore o la libertà. Stare male per qualcuno o soffrire per guadagnarsi la propria libertà.
Ancora se lo domanda. Mi guarda e mi formula la domanda con quegli occhi terribilmente limpidi che fanno trasparire tutta l'angoscia di quel dubbio atroce, che si vergogna a esprimere ad alta voce.
So che certe volte ha mandato messaggi puramente folli a Michele, chiedendogli di risparmiarla, di non chiedere più di lei, perchè lei non riusciva a sorreggere questa umiliazione. Il dolore forte e amaro che si prova per qualcun'altro. Non poteva sopportarlo, vedeva un dispendio di energia inutile e masochista.
Perchè lei è convinta profondamente che l'assenza non può essere placata. Che niente è destinato a durare per sempre.





...E come darle torto?