sabato 27 dicembre 2014

Elogio alla pazienza (ed alla bellezza), I

"E' difficile spiegare quello che anch'io non so capire." (L. B.)

Ma devo parlare di quei suoi occhi enormi e belli, di quei nei e di quelle labbra, del mio brivido irrazionale se mi guarda come ha già fatto. Ho la necessità di esorcizzare quello che con coraggio mi ha sbattuto in faccia, io devo arginare e difendermi. Devo, perchè è solo uno straccio, è solo un'intuizione che non ha una forma vera e propria. Devo.
Ma lasciatemi almeno questo spazio per raccogliere una manciata di parole ed uscire da questo "devo": voglio affondare, almeno su questo schermo, il dito in questa mia piaga e lasciarla sgorgare in piena libertà, senza il peso di alcuna necessità.
C'è che amo la bellezza quando è nascosta, quando riesco a intravederla piano piano, mi piace lasciarle il tempo di manifestarsi, quando non è propriamente immediata (e magari è superficiale). Mi piace seguire le sue tracce, come un piccolo segugio, darle tempo per definire i suoi importanti dettagli, starle dietro ma senza stressarla. Non mi piace quando è sgualcita per la troppa fretta di scoprirsi. Per la bellezza ci vuole tempo, e la pazienza di non farsi bastare il primo sguardo frettoloso. La bellezza la vedo come un nucleo intimo, che sta nel luogo più riparato e protetto di ogni cosa: la bellezza sta in profondità.
La conoscenza deve calarsi quindi nei meandri di ogni suo oggetto, se vi ci vuole scorgere del bello.
Mi piace pensarmi come una pescatrice di bellezza, che paziente attenda sulla sua silenziosa barca che essa abbocchi al suo amo. E' la bellezza che viene a noi, non il contrario. Che si presenta, che si lascia vedere. Se solo glielo lasciamo fare.
E dunque, anche stavolta, l'ho trovata. Mi si è schiusa con tutta la forza e la potenza che solo la musica ha: si è manifestata magnificamente, con sguardi magnetici ed ammalianti su un tappeto di note; a tal modo da farmi vacillare, da portare il mio cervello a corrompersi e fare pensieri distorti. Lo ammetto, ho fantasticato sui suoi impulsi, ed è stato sbagliato perchè al bellezza se si cristallizza diventa qualcosa di diverso da sè; si stravolge. Perchè immediatamente lei non può che offrire un piccolo spicchio dell'oggetto ed anche di sè. Ed ecco, quindi la bellezza è intuizione, un fulmine che folgora i neuroni un attimo, ma nell'attimo dopo si estingue e non lascia che una vaga sensazione. Non si può subito poter credere di aver capito la bellezza; c'è bisogno di un altro fulmine in altro momento e in altro ambiente, e poi di un altro e un altro e un altro... Miss Beauty ha note jazz come vestiti, incomprensibili al primo ascolto, ma che ti lasciano attonito. Ed i vestiti sono solo il primo assaggio, solo la prima lieve - ma potente  per te che ne benefici- scossa che può offrire. Sei disorientato, ma non è il momento di cristallizzarsi su questo primo guizzo.
Ed ecco perchè accetto con calma quegli occhi magnetici, che cerco di sminuire l'elettricità di quelle labbra oggettivamente belle che mi attrarrebbero all'istante e che hanno rischiato di farmi inciampare sul più bello. Un verde chiaro ha indirizzato lo sguardo su di me da troppo vicino, parole troppo dirette hanno trovato il modo di incunearsi nello spiraglio di una porta interna lasciata semichiusa. una camicia bianca mi ha fatto sorridere con malizia. Il resto non posso trascinarlo qui, avrebbe la meglio la prima visione fulminea e confusa di questa nuova bellezza appena scovata.

venerdì 12 dicembre 2014

un'inflazione di "Vorrei"

Vorrei non fosse così difficile


Vorrei fosse più facile

Vorrei che non facesse così male



Vorrei chiudere gli occhi e far scomparire tutto

Vorrei chiederti tutti i miei perchè
Vorrei tu mi sapessi rispondere

Vorrei che questo sole malato scaldasse forte ogni mia cicatrice

Vorrei poter pensare di non aver sofferto invano

Vorrei non sentirmi umiliata

Vorrei essere più decisa

Non vorrei dover scegliere

Vorrei che fosse notte e vedere solo le lucine dell'albero di Natale

Vorrei sentirmi un po' meno spenta
e un po' più sicura

Vorrei che nevicasse

Vorrei non mi chiedesse niente

Vorrei piangere

Vorrei poter avere il cuore leggero e ridere

Vorrei che mi capisse dallo sguardo che trova nei miei occhi

Non vorrei scrivere
Vorrei farlo per tutta la vita

Vorrei trovarti ancora la mattina di Natale dentro uno di quei tuoi maglioni grandi e morbidi di casa, col sorriso che a stento si contiene sul tuo viso.

Vorrei fosse andata diversamente

Vorrei essere cresciuta con te al mio fianco

Vorrei essere più magra, più alta, più educata, più fine, più posata, più leggera

Vorrei la sua amicizia indietro

Vorrei il suo amore indietro

Vorrei un abbraccio di mio padre adesso

Vorrei la voce calda di mia nonna adesso

Vorrei un sorriso dolce da mio fratello

Vorrei un cappuccino con un fiore disegnato sulla schiuma

Vorrei essere a Parigi

Vorrei poter parlare tante lingue e sentirmi capita da tutti

Vorrei non essere bovarista

Vorrei non avere aspettative

Vorrei non sperare in cose impossibili

Vorrei morire


Vorrei vivere fino a 100 e passa anni, con le ossa stanche ma il cuore pieno di commozione

Vorrei poterti dire:"Grazie"

Vorrei non essere così, ma mi rendo conto che mi amo anche così

Vorrei non avere i difetti che ho, ma mi rendo conto che li amo comunque 

Vorrei respirare l'odore di pineta dopo la pioggia

Vorrei cantare

Vorrei recitare

Vorrei reclamare

Vorrei ricamare
come fa mia nonna

E nel frattempo parlare

Di te, di me, di loro, del governo ladro, della difficoltà dei sentimenti, della difficoltà dei ragionamenti

Vorrei filosofeggiare

Vorrei dialogare con Socrate

Vorrei ascoltare le barzellette di Kant direttamente da Kant

Vorrei vestirmi con il pensiero umano, accarezzare gli aforismi dei filosofi sulla mia pelle

Vorrei meno seghe mentali

Vorrei meno angoscia

Vorrei il Romanticismo
e poi l'Illuminismo

Vorrei rendere meno opprimente l'esistenza a Schopenhauer
Vorrei fosse meno fugace la felicità

Vorrei che la scienza s'innamorasse della letteratura
Vorrei che la letteratura si struggesse per la scienza

Vorrei armonizzare gli opposti



Vorrei riuscire ad essere coerente

Vorrei mettere in atto il mio dovere etico 
e non sbagliare mai.

Vorrei non dover chiedere scusa

Vorrei non ferire nessuno mai

Vorrei sapere cosa mi succede, cosi ti succede, cosa gli succede, cosa le succede,
cosa ci succede, cosa vi succede, cosa succede loro.

Vorrei essere la coscienza del mondo.



venerdì 5 dicembre 2014

Molteplicità

Occhi chiari di uno sguardo deciso, sorrisi che sbocciano come fiori ed io piccola ape impaziente di tuffarmi fra enormi petali e affondare nella sete del tenero polline.

Firenze, il concerto, amicizie che non crollano, piccoli pensieri di persone gentili, calde note che infiammano i polmoni, la solitudine libera, leggera, piacevole.

Sudore, fatica, dolori muscolari, odore di polvere, odore di adrenalina, un sacco per scaricare le tensioni, un compagno per prendersi un attimo di pausa e ridere come bambini scoperti ad architettare qualche scherzetto maligno. Voci che ti incalzano, provocano per incoraggiare. La liberazione della testa da tutti i soliti pensieri.

Pisa, la solitudine non del tutto voluta, la timidezza, la colpa, la presunta colpa, il bianco ed il verde di Piazza dei Miracoli, fughe clandestine, foglie che cadono, la pioggia violenta, la pioggia leggera, un libro, un film, una serie televisiva. E poi lo scoppio della vita, vino, birra, sigarette e super alcolici legati assieme da sussulti, risa fragorose, confessioni, condizioni, confidenze vere, confidenze false, lottare per resistere, voler morire per smettere di resistere,

Situazioni maldestre, sguardi che a stento reprimono disprezzo e intolleranza, occhi in fiamme, un passato che a stento riesco a rintracciare, un presente che non reputavo possibile, una lontananza dura e fredda come ghiaccio, silenzi fatti di orgoglio e pregiudizi, parole essiccate e morte nelle nostre gole. E nessuno sta a rivendicarle.

Quante strade e quanti deragliamenti. Quante sensazioni si provano contemporaneamente, anche se sono contraddittorie fra loro? Quante vite viviamo in questa nostra generica vita? Per quante cose moriamo e per quante altre ringraziamo di essere sempre qua, nonostante tutto? Cosa siamo? Chi siamo? A cosa tendiamo? C'è qualcosa a cui tendere? E perchè? Perchè siamo qua?
Io a volte provo la sensazione di non essere io. Sembra assurdo. In passato, quando ero più piccola, mi capitava spesso. Adesso è da tanto che io sono io, e forse per questo il rigetto verso di me è più pesante.
Succedeva alle volte che nel mentre facevo un qualcosa, io mi distaccassi da me. Cioè, dal mio corpo, non mi vedevo dall'esterno, ma la sensazione era quella. Era spaesamento forse, ma non mi riconoscevo più in quel sinolo di materia e forma che mi costituiva e mi costituisce tutt'ora; pensavo:"questa non sono io". Ma questo non mi terrorizzava. Continuavo a fare ciò che stavo facendo, ma ero anche fuori di me. Mi piaceva questo sdoppiamento, scrutarmi da un punto di vista esterno. Mi divertivano questi momenti, mi piacevano. Stavo in pace, quasi come se capissi che alla fin fine...che importa affannarsi, tediarsi con i soliti problemi esistenzialisti, entrare in fissa con paure che diventano quasi fobie... Mi bastava uno di quegli attimi e tutto diventava più minuto, meno importante. Ma non futile. Semplicemente diverso dal mio solito modo di contemplare e osservare.
Ero bambina. Ora probabilmente iper-interpreto, ma la sensazione di questa cosa che succedeva ha la stessa consistenza dell'atmosfera di casa, calda, rasserenante, mite. Ecco, quella sensazione mi mitigava.
Non so perchè sto scrivendo questo, non ero partita con questo intento. Oltretutto era da veramente tanto tempo che non ci ripensavo. Questi ricordi mi sono caduti addosso come neve.
Mi viene in mente "Il mondo di Sofia", il libro che lo stesso autore chiama "romanzo sulla storia della filosofia", quando Alberto Knox  -il filosofo- parla alla piccola Sofia di Hume (guarda un po', proprio lui adesso sto studiando) il quale, sebbene incentri la sua filosofia sull'esperienza (unico strumento per la conoscenza concesso all'uomo), riesce a non farsi fagocitare dalla sua stessa teoria e mantiene sempre un punto di vista comunque esterno e non dato per scontato: solo perchè attraverso l'esperienza si è conosciuto sempre un evento nello stesso modo, non è detto che in futuro esso non si manifesti differentemente. O che se ne presenti un altro, al posto suo. Siccome abbiamo sempre visto corvi neri, non è per questo giustificato avere la presunzione di poter affermare che non esistono (o possano esistere) corvi bianchi. Anzi....


"Questo romanzo è di chiunque si trova aggrappato ai peli del coniglio bianco tirato fuori dal cilindro dell’universo e non vuole scendere giù, non vuole abbandonarsi al sonno dell’ignoranza. Ma anche di chi, magari sbeffeggiato da tutti, continua a cercare un corvo bianco, l’eccezione che non conferma la regola..."

Tutto e il contrario di tutto.