martedì 14 gennaio 2014

Verità

Mi sporco continuamente la bocca con questa parola, gocciola dalle mie labbra come un suono di preghiera: è il mio appiglio, la mia fede ed il mio credo. Voglio Verità. Squadro il mondo in prospettiva di vederla giungere da ogni dove, come se fosse l'assicurazione al vivere bene. So bene che non è così, che anzi, Verità non è vestita di dolcezza e piacevoli forme, essa è nuda, magra, scarna. Ma è trasparente, il suo sguardo può essere duro, ma non cela cattiveria.
E' l'unica cosa che penso possa farmi sentire al sicuro. Potrebbe distruggermi. Ma è genuina. Confido in essa, perchè è alla sua semplicità che miro. Alla sua essenzialità. Non ha niente in meno o niente in più di ciò che deve essere. Chi mi parla sinceramente, avrà tutta la mia fiducia e tutta la mia capacità di ascoltare. Perchè questa morbosità per la verità? Perchè essa presuppone il coraggio: va di pari passo. La verità è lo strumento con cui ci si può redimere. Si sa che siamo fallaci, si sa di sbagliare. Dire la verità, ammettere a se stessi e di conseguenza agli altri, è il giusto contrappasso. "La verità rende liberi", è vero. Guardare una persona negli occhi, prepararsi a dirle qualcosa che la farà stare male (probabilmente), esporsi alla sua rabbia e al suo giudizio equivale a denudarsi, ad essere pronti per divenire acqua di ruscello, chiara trasparente e silenziosa. Dopo la verità nient'altro può essere detto: quel silenzio è gonfio di significato. Quel silenzio racchiude tutte le cose belle che una persona può donare: rispetto per il tuo dolore, amore, dignità, consapevolezza. La consapevolezza. Solo dopo aver preso atto si può tornare all'azione, decidere che fare, se porre rimedio, se biasimarsi o morire di vergogna. Solo dopo aver ammesso di essere fallibili.
Da qui nascono tutte le incomprensioni: siamo esseri che sbagliano, è naturale così. Ciò che ci rende "divini", non è la presunzione, la finzione di apparire perfetti, di nascondere le nostre colpe e illudersi di poterle cancellare. Il nostro essere divino sta nel rendersi conto della nostra natura, della nostra natura fallace e ammetterlo. Così ci avviciniamo alla divinità. Eterna comprensione. Di noi stessi in primis.
Questo non deve essere il presupposto su cui costruire la mediocre giustificazione che copre colpevole i nostri errori e li sminuisce. Non dobbiamo giustificarli perchè "tanto siamo destinati a sbagliare sempre". No. Tendiamo più che altro a comprenderci sempre di più, attraverso gli sbagli, ciò a cui tendiamo è la nostra felicità. I bugiardi non sono persone felici. Chi si arrende ai propri sbagli non è felice.
Chi ha il coraggio di autopunirsi denunciando le proprie debolezze si incammina verso la liberazione di se stesso e della sua felicità.

Che questo scritto rimanga su questa pagina e in me per sempre, che mi aiuti a essere meno debole e non mentire. Che vi aiuti a sentirvi meno soli e meno pessimi: avete qualcuno che condivide la vostra stessa codardia, me. Tutta l'umanità partecipa di questa colpa. Tutta l'umanità può redimersi.


                                                                                                         A Soren e a Stè
                                                                                                       "Ognuno di noi è Dio: è dio di se                                                                                                                                                           stesso."