domenica 15 marzo 2015

Lettera aperta per E. - fenomenologia di un'Amicizia

Sono contenta, mia cara amica E., di passare questi attimi fugaci con te. Attimi ritagliati con allegria e poche pretese, ricavati da un messaggio fulmineo all'ultimo momento
"Non so che faccio stasera, mi sa serata tranquilla, magari un film a casa"
"Magari vengo da te, sono sola. Così ci facciamo compagnia!"
"Vai!"
"Guardo i treni e parto!"
Alla stazione di volata, e tac! Eccoci per una strada insieme a scazzare e a ridere, mangiando qualcosa e trovandoci poi in una piazza piena di gente a bere e a raccontarci piccoli e grandi dettagli delle nostre vite.

Questa nostra amicizia è ruvida, come la realtà, condivide la sua stessa concretezza: si basa sulle piccole cose di tutti i giorni "lo sai, oggi ho fatto questo, ho incontrato Tizio e mi ha detto così!"; è spontanea, diretta, schietta. Mi verrebbe da dirti che questa amicizia è irrorata dalla vena grezza e primitiva della vita: ruggisce di un'esistenza elementare, non implicata e vincolata da chissà quali superficiali fronzoli.
Questa nostra amicizia è genuina ed ingenua, cara E.. E' cresciuta lentamente, annusandosi e conoscendosi senza fretta; si è sedimentata con piccoli passi, con calma si è portata a coscienza di se stessa: voglio dire, io non ti saprei dire quando siamo diventate amiche, tu ed io. Non dal primo giorno che ci siamo conosciute. Posso solo capire -adesso- che tanti piccoli gesti tra noi si sono come uniti, mano a mano che il tempo passava, e forse inconsapevolmente hanno generato assieme un mosaico fatto di tante piccole sfaccettature, mettendo alla luce il nostro legame. L'abbiamo presa alla larga, penso, mentre sorrido. Ripercorro l'evoluzione della mia opinione su di te,di come piano piano la tua orbita sia venuta ad avvicinarsi alla mia, mentre io ero presa dal mio privato sistema solare. E tu dal tuo. Eravamo due Soli, che erano a conoscenza dell'esistenza dell'altra stella vicino a sè, ma niente di più; finchè le nostre diverse orbite ellittiche sono entrate in contatto e si sono venute ad incrociare. All'inizio sporadicamente, ci incontravamo in alcuni punti di intersezione, quasi per caso: una battuta, una serata insieme, qualche interesse comune. Ma progressivamente questi punti d'intersezione sono diventati sempre più frequenti ed hanno allargato le proprie maglie, inglobando sempre di più le nostre rispettive vite separate. Ho iniziato a riconoscere in te qualcosa di me, ma al tempo stesso scoprivo in te volti che io non possedevo, che mi piacevano un sacco (magari, forse proprio perchè erano cose che non mi appartenevano e che quindi ancora dovevo conoscere?). Insomma, da lì tutto in discesa, ci siamo rinvigorite sempre più. Sei diventata la mia buona compagna agli aperitivi, alle cene e alle conseguenti sbronze, alle feste e ai concerti. Per libri e per mostre. Compagna di americani e di Zibibbo, testimone di felicità, malesseri, idee, opinioni, credenze, sentimenti, cazzate, parolacce, brutti odori e brutte figure.
Ci abbiamo messo un po', ad incontrarci sul serio. Ma ti dico che anche questa cosa ha la sua bellezza, non abbiamo cercato di costruire a tutti i costi un rapporto, piuttosto gli abbiamo dato la possibilità di nascere, il tempo di farsi e di farsi riconoscere. Ha messo le radici spontaneamente, senza che nessuno lo istigasse a fare niente. Non credi che questo sia bello così?
Magari è proprio da questo percorso che deriva la "realisticità" del nostro legame. Non ho bisogno di dimostrarmi più di quel che sono con te, non c'è necessità di maschera, nel nostro piccolo teatro di varietà, posso muovermi come meglio credo e con naturalità; a limite mi pigli per il culo e bona! Una risata insieme e via, quando ci prendiamo troppo sul serio; e si continua ad andare avanti.
Ovunque siamo, comunque vicine.

Sei forte, E. .