Ho un amico fragile vicino a me che fa a botte col mondo perché lui crede in tante cose.
Ho un amico fragile, e fragile è il suo sguardo, anche se con cura lo incarta e lo nasconde sotto un atteggiamento sfacciato e sicuro.
Mi ricorda Don Chisciotte e la sua battaglia coi mulini a vento. Un’anima
alimentata da libri, romanzi e sentimenti puri e antichi, che non riesce a
trovare un posto in questo povero mondo per potersi dilatare, per potersi
manifestare. E’ sempre alla ricerca, lo guardi e vedi che mentre ti parla
ricerca i tuoi occhi, con le parole i tuoi orecchi, non ammette di essere
ignorato; perché quello che ha da dire è troppo importante, cerca di urlare all’ universo
che lui ha capito, che c’è qualcosa che non va in questa “società di merda”,
come dice lui, che ”ti inculca quello che vuole, non la verità”. E’ un
disperato, uno che si sfama di begli ideali, che in troppi reputano troppo
astratti e utopistici.
Ieri mi ha detto che ha rischiato un viaggio di non ritorno, perché ha deciso
di annientare tutto – dico tutto, ogni cosa che fino ad ora noi consideriamo una
certezza assoluta-, ha fatto la sua piccola rivoluzione interna, ha sradicato
qualsiasi cosa nella sua coscienza – il bene, il male, tutto – e si è raschiato
a fondo, analizzando ogni cosa.
Ha un’anima disarmante, pura. Lui crede, lui vuole cambiare le cose. E tutto
questo lo distrugge perché di puro qua fuori non c’è proprio rimasto più niente, deve
resistere ad una contaminazione giornaliera.
Ho un amico fragile. E’ un bovarista. E’ un illuso. E’ un senza patria, per sua
scelta, e non intende sottostare alle catene sociali, ai dogmi. Ripudia ogni certezza
smerciata come mangime per galline. Ripudia la struttura del mondo. E’ libero.
Ma paga a caro prezzo questa instabilità, questo suo vivere privo di qualsiasi
appiglio.
Accetta l’angoscia e l’incomprensione per un po’ di libertà, di
vera libertà.
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