venerdì 5 dicembre 2014

Molteplicità

Occhi chiari di uno sguardo deciso, sorrisi che sbocciano come fiori ed io piccola ape impaziente di tuffarmi fra enormi petali e affondare nella sete del tenero polline.

Firenze, il concerto, amicizie che non crollano, piccoli pensieri di persone gentili, calde note che infiammano i polmoni, la solitudine libera, leggera, piacevole.

Sudore, fatica, dolori muscolari, odore di polvere, odore di adrenalina, un sacco per scaricare le tensioni, un compagno per prendersi un attimo di pausa e ridere come bambini scoperti ad architettare qualche scherzetto maligno. Voci che ti incalzano, provocano per incoraggiare. La liberazione della testa da tutti i soliti pensieri.

Pisa, la solitudine non del tutto voluta, la timidezza, la colpa, la presunta colpa, il bianco ed il verde di Piazza dei Miracoli, fughe clandestine, foglie che cadono, la pioggia violenta, la pioggia leggera, un libro, un film, una serie televisiva. E poi lo scoppio della vita, vino, birra, sigarette e super alcolici legati assieme da sussulti, risa fragorose, confessioni, condizioni, confidenze vere, confidenze false, lottare per resistere, voler morire per smettere di resistere,

Situazioni maldestre, sguardi che a stento reprimono disprezzo e intolleranza, occhi in fiamme, un passato che a stento riesco a rintracciare, un presente che non reputavo possibile, una lontananza dura e fredda come ghiaccio, silenzi fatti di orgoglio e pregiudizi, parole essiccate e morte nelle nostre gole. E nessuno sta a rivendicarle.

Quante strade e quanti deragliamenti. Quante sensazioni si provano contemporaneamente, anche se sono contraddittorie fra loro? Quante vite viviamo in questa nostra generica vita? Per quante cose moriamo e per quante altre ringraziamo di essere sempre qua, nonostante tutto? Cosa siamo? Chi siamo? A cosa tendiamo? C'è qualcosa a cui tendere? E perchè? Perchè siamo qua?
Io a volte provo la sensazione di non essere io. Sembra assurdo. In passato, quando ero più piccola, mi capitava spesso. Adesso è da tanto che io sono io, e forse per questo il rigetto verso di me è più pesante.
Succedeva alle volte che nel mentre facevo un qualcosa, io mi distaccassi da me. Cioè, dal mio corpo, non mi vedevo dall'esterno, ma la sensazione era quella. Era spaesamento forse, ma non mi riconoscevo più in quel sinolo di materia e forma che mi costituiva e mi costituisce tutt'ora; pensavo:"questa non sono io". Ma questo non mi terrorizzava. Continuavo a fare ciò che stavo facendo, ma ero anche fuori di me. Mi piaceva questo sdoppiamento, scrutarmi da un punto di vista esterno. Mi divertivano questi momenti, mi piacevano. Stavo in pace, quasi come se capissi che alla fin fine...che importa affannarsi, tediarsi con i soliti problemi esistenzialisti, entrare in fissa con paure che diventano quasi fobie... Mi bastava uno di quegli attimi e tutto diventava più minuto, meno importante. Ma non futile. Semplicemente diverso dal mio solito modo di contemplare e osservare.
Ero bambina. Ora probabilmente iper-interpreto, ma la sensazione di questa cosa che succedeva ha la stessa consistenza dell'atmosfera di casa, calda, rasserenante, mite. Ecco, quella sensazione mi mitigava.
Non so perchè sto scrivendo questo, non ero partita con questo intento. Oltretutto era da veramente tanto tempo che non ci ripensavo. Questi ricordi mi sono caduti addosso come neve.
Mi viene in mente "Il mondo di Sofia", il libro che lo stesso autore chiama "romanzo sulla storia della filosofia", quando Alberto Knox  -il filosofo- parla alla piccola Sofia di Hume (guarda un po', proprio lui adesso sto studiando) il quale, sebbene incentri la sua filosofia sull'esperienza (unico strumento per la conoscenza concesso all'uomo), riesce a non farsi fagocitare dalla sua stessa teoria e mantiene sempre un punto di vista comunque esterno e non dato per scontato: solo perchè attraverso l'esperienza si è conosciuto sempre un evento nello stesso modo, non è detto che in futuro esso non si manifesti differentemente. O che se ne presenti un altro, al posto suo. Siccome abbiamo sempre visto corvi neri, non è per questo giustificato avere la presunzione di poter affermare che non esistono (o possano esistere) corvi bianchi. Anzi....


"Questo romanzo è di chiunque si trova aggrappato ai peli del coniglio bianco tirato fuori dal cilindro dell’universo e non vuole scendere giù, non vuole abbandonarsi al sonno dell’ignoranza. Ma anche di chi, magari sbeffeggiato da tutti, continua a cercare un corvo bianco, l’eccezione che non conferma la regola..."

Tutto e il contrario di tutto.


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